Sciopero, all’origine del problema.

Ma esiste ancora un noi?

Il 16 febbraio 2018, il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria ha indetto un nuovo sciopero, che prevede l’astensione dallo svolgimento degli esami di profitto tra il 1 giugno e il 31 luglio. Benché le modalità siano pressoché identiche a quelle dello sciopero di settembre, questa volta la perdita di un appello è certa, salvo per quegli Atenei nei quali sia previsto un numero di appelli all’anno minore o uguale a cinque.

Perché lo sciopero?

Per comprendere le ragioni di questo sciopero è necessario fare un passo indietro: negli ultimi tre anni alcune componenti dell’Università hanno tentato di aprire un dialogo con il Governo e il Ministero.
Dopo numerosi tentativi, che non hanno portato ad alcun risultato, è stato indetto lo sciopero di settembre 2017. Di fronte a questa prima protesta le soluzioni avanzate dal MIUR — scatti biennali a partire dal 2020 e un parziale ristoro — sono state deboli ed insoddisfacenti e hanno spinto i professori a indire questo nuovo sciopero.
Le richieste sono chiare:
    • Recupero degli scatti stipendiali nel periodo dal 2011 al 2015;
    • 80 milioni di euro per le borse di studio degli studenti (al fine di ridurre gli idonei non beneficiari;
    • Interventi per aumentare il personale docente con promozioni e nuove assunzioni, fino a raggiungere un totale di 4000 ordinari, 6000 associati e 4000 ricercatori;
    • Interventi di rifinanziamento per eliminare la concorrenza fra Atenei e fra categorie di docenti.
Sono richieste comprensibili, dettate da un comprensibile desiderio di giustizia e di dignità nel mondo universitario. Ma a quale prezzo? A noi, studenti, sembra che questo modus agendi manchi di una visione globale. Si sta creando una frattura sempre più grande tra i docenti e gli studenti, senza arrivare alla radice del problema: il disagio che l’Università oggi vive, causato da una società che la relega a una nicchia riservata agli addetti ai lavori.
Oggi ci chiediamo, con rinnovato interesse: qual è il valore dell’università per noi? C’è un modo per ricostruire un tessuto universitario più efficiente dello sciopero?

Una rivoluzione permanente

Ma una “prova di forza” può essere la soluzione ai problemi dell’università?
Pensiamo che sia molto difficile che il reiterarsi di uno sciopero, che si è concluso con risultati minimi, possa portare ad una reale svolta per l’Università italiana.
Sarebbe preferibile, a nostro parere, non scioperare solo perché questa è l’unica possibilità presente in questo momento per dare un segnale. In primis perché è certo il danno che prendere parte a questa protesta arrecherebbe al mondo dell’università. Ci sembra contraddittorio che la strada intrapresa per dare dignità al sistema universitario non solo leda il suo aspetto originario, ovvero l’essere scuola, ma parta da coordinate totalmente diverse dalla sua natura originaria.
Ma non solo: è inaccettabile pensare a questa come unica strada percorribile.
La rinascita non passa attraverso lo sciopero, ma accade ogni giorno. Quotidianamente professori e studenti entrano nelle medesime aule senza rendersi conto della reale ricchezza che rappresentano gli uni per gli altri: proprio qui sta un possibile riscatto. Solo a partire da questo siamo interessati ad entrare nel merito delle questioni pratiche e delle difficoltà che oggettivamente l’università sta attraversando. Se manca questa coscienza, ogni tentativo è monco.

Alcune proposte pratiche

    • Lo sciopero prevede appelli straordinari per laureandi e studenti Erasmus, ma in molti casi l’appello di giugno è l’ultimo valido per la sessione di luglio. Che requisiti servono per essere “laureando”?
    • Cosa succede se scioperano solo alcuni docenti del corso? Noi ci impegniamo a fare chiarezza. Ci sembra ragionevole che l’esame venga garantito a meno che a scioperare non sia il docente titolare
    • Lista esami sicuri: chiedere una lista degli esami per i quali sicuramente ci saranno tutti gli appelli (indipendentemente dall’adesione allo sciopero)
    • Proroga scadenza crediti per il diritto alla studio: stiamo lavorando per evitare che alcuni studenti non raggiungano i requisiti di merito per accedere al bando delle borse di studio.
  • Destinazione delle trattenute stipendiali: apriremo un dialogo con gli Atenei sul quale sia la destinazione migliore per questi soldi, a partire da quanto indicato dagli scioperanti.