OCCUPAZIONI DELLE UNIVERSITÀ, CLDS: COM’È POSSIBILE COSTRUIRE LA PACE E DEMOCRAZIA IN UNIVERSITÀ SE QUESTE CI VENGONO NEGATE?

MILANO, 24 NOVEMBRE – Alle recenti occupazioni di vari atenei italiani, come a Napoli, Roma, Bologna, Padova e Torino, il Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio risponde con una forte condanna di ciò che non esita a definire una privazione violenta dei diritti fondanti l’università: la libertà d’espressione, il diritto a studiare e la libertà di scegliere se aderire o meno ad una manifestazione politica. A preoccupare ulteriormente tutto il CLDS e gli studenti che in esso si riconoscono sono anche le esplosioni di violenza che si stanno verificando in varie parti d’Italia, come  in Statale a Milano dove vari manifestanti delle sinistre universitarie ed extrauniversitarie hanno minacciato gravemente i nostri rappresentanti in Senato Accademico e imposto la sospensione della seduta dell’organo.

Dichiara Pietro Piva, presidente del CLDS:

Per noi come donne e uomini c’è anzitutto bisogno di guardare con dolore e responsabilità quanto sta accadendo nel mondo, soprattutto in Medio Oriente. Per questo, c’è bisogno anzitutto di dire “Università libera”, perché le manifestazioni spesso violente di questi giorni non portino tra noi studenti quell’odio che può mostrarsi già nei modi di fare politica e nel modo di essere dentro le università. La prima “manifestazione” è una presenza costruttiva in università, è una presenza che crea un’università libera nel dialogo e nella pace. Siamo sicuri che la via attraverso cui giungere ad una pace tra i popoli sia la via della violenza? Come è possibile costruire pace e democrazia se nelle Università – luoghi di dibattito, pluralità e cultura – queste sono negate? Fermare le lezioni, fermare il Senato Accademico, riempire i bagni di scritte di odio: niente di questo ha a che fare con la libertà o con la solidarietà alla guerra. Sono fermamente convinto che l’università abbia un ruolo nella costruzione della pace non tramite l’affermazione di una posizione politica – su di cui gli organi accademici non hanno competenza –, ma piuttosto nel farsi luogo di incontro di culture, di dialogo, di informazione sincera, come dimostrano anche i numerosi incontri e proposte culturali da noi promosse. E’ proprio per questo che le istituzioni universitarie per prime non possono negare lo svolgimento di questi incontri: questa censura è parte di una cultura della paura ancella alla violenza.

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